Raoul Bova ha rivelato che questi due anni gli hanno lasciato un segno dentro e che questo l’ha spinto verso una ricerca spirituale.
Una delle caratteristiche principali dell’uomo sin dagli albori della razza umana e la comune ricerca di una spiritualità che possa indicare il cammino. Sia che si studi la religione sia che si studi la filosofia, ci si accorge come le domande che l’essere umano si è posto nella sua storia siano state sempre le stesse, ma anche che le risposte a queste domande esistenziali possono essere molteplici.
Risulta chiaro inoltre che i periodi di grande crisi sono quelli che alimentano la ricerca di significato e di supporto in qualcosa che sia trascendente. Le avversità, i lutti, i drammi e le difficoltà personali ci spingono a chiederci cosa ci sia di altro oltre la vita, quale sia il suo significato e quale sia il modo giusto di affrontarla.
I due anni che abbiamo appena vissuto hanno messo a dura prova le nostre certezze, ridisegnato quelle che sono le priorità delle nostre giornate, spinto a riflettere maggiormente su valori spesso sottovalutati come famiglia, amicizia, amore, sostegno e solidarietà. A queste cose ha pensato anche Raoul Bova, come da lui stesso ammesso in varie interviste sul ruolo di Don Massimo in Don Matteo.
Raoul Bova: Don Matteo come strumento per approfondire la spiritualità
Quando all’attore viene chiesto come si sente ad interpretare un parroco, questo risponde che per lui è un onore ed una grande occasione. In passato ha avuto modo di rappresentare due grandi uomini di Chiesa (San Francesco e Papa Sisto VI) e in entrambe le occasioni questi ruoli gli hanno permesso di approfondire il proprio rapporto con la religione e la spiritualità. Bova ammette in questo periodo sentiva un gran bisogno di ricerca spirituale dopo aver vissuto con ansia e angoscia il periodo pandemico.
Quindi sul ruolo di Don Massimo aggiunge: “Era necessario a questo punto della mia carriera”. Più degli altri ruoli in abito talare, questo gli fa percepire l’importanza dei religiosi nella società: “Il parroco è una figura a cui affidarsi e alla quale confessarsi, che esprime fino in fondo il concetto di solidarietà verso il prossimo”. Raoul Bova ritiene che di questi tempi le persone siano diventate fin troppo individualiste e che abbiano perso quella voglia di spendersi per l’altro che è alla base della religione cristiana ma anche dei valori del popolo italiano.