Alla fine del 2021 finirà anche il triennio sperimentale di Quota 100: esistono alcune possibilità per una pensione anticipata anche senza.
Che Quota 100, riforma della pensione voluta dalla Lega, non sarebbe stata riconfermata al termine dei triennio di sperimentazione era chiaro sin da quando si è sciolta l’alleanza tra Salvini e Di Maio. La nuova maggioranza formata da PD e M5S aveva già chiarito che la riforma avrebbe completato il suo ciclo e sarebbe stata accantonata nel 2022. La conferma è giunta anche dall’attuale governo Draghi, d’altronde la riforma pensionistica inserita dalla Lega andava contro le richieste dell’Unione Europea, chiedendo uno scostamento del debito per essere inserita.
In questi anni con Quota 100 l’età dell’ingresso alla pensione si è abbassata a 62,6 per i dipendenti pubblici e a 61,3 per quelli privati. I dati evidenziano che ad approfittare dello scivolo pensionistico sono stati soprattutto uomini con stipendi medio-alti. Finito il periodo sperimentale, però, la pensione di anzianità si raggiungerà alla soglia di 67 anni con un minimo di 20 anni di contributi versati. Un balzo in avanti decisamente cospicuo che potrebbe creare malumori in chi aveva intenzione di andarci prima, come fatto da alcuni colleghi in questi anni.
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Pensione, cosa potrebbe succedere dopo Quota 100
Con le leggi attualmente in vigore ci sono alcune condizioni che permettono ai lavoratori di andare in pensione prima dei 67 anni. La prima è la pensione anticipata che si può ottenere una volta che si raggiunge una soglia contributiva: 41 anni e 10 mesi di versamenti per le donne e 42 anni e 10 mesi per gli uomini. Esiste poi l’Ape Sociale, una riforma sperimentale che è stata inserita nel 2017 ed è stata finora rinnovata ogni anno. A poterne usufruire sono le categorie socialmente deboli, come i disoccupati o chi ha in casa un familiare disabile.
Bastano 41 anni di contributi per uomini e donne che hanno iniziato a lavorare prima dei 19 anni di età. Questa categoria, identificata come lavoratori precoci, ha la possibilità di usufruire dello scivolo pensionistico a partire dai 60 anni. Ci sono poi l’Isopensione e il contratto di espansione. Queste due opzioni sono vincolate alle decisioni delle aziende private e i costi di anticipo di pensione sono tutti a carico dell’azienda che prende l’accordo con il lavoratore. Se nel primo caso si tratta di un accordo sindacale che permette un anticipo fino a 7 anni, nel secondo si tratta di una possibilità offerta dal governo nel caso in cui le aziende vogliano rinnovare il personale o espandere il proprio giro d’affari.
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C’è infine l’opzione donna, misura che consente alle donne di andare in pensione a 58 o 59 anni con un minimo di 35 anni di contributi versati, che potrebbe diventare strutturale dal prossimo anno. Al vaglio ci sono poi diverse ipotesi, come quella di offrire ai giovani che non trovano un impiego fisso una pensione di garanzia che gli garantisca di poter andare in pensione anche se non raggiungono i risultati contributivi fissati.