Nel circus Jean Todt ha scritto pagine di storia in Ferrari, durante l’era dell’indimenticabile Michael Schumacher. Di cui nelle scorse ore è tornato a parlare.
“La passione per le corse è stata naturale. Mio padre era un medico e per lui la macchina è sempre stata solo un mezzo di trasporto. Generalmente questo tipo di passione viene trasmessa di generazione in generazione, ma in me è giunta naturalmente”: è partito da questa premessa Jean Todt, ex presidente della Fia e leggenda della Formula Uno, intervenuto durante il Festival dello Sport di Trento. Poi la rivelazione in cui tutti speravano su Michael Schumacher, al quale il dirigente francese è sempre rimasto vicino dopo il terribile incidente sulle alpi di Meribel.
La verità di Jean Todt su Michael Schumacher
Nel difficile equilibrio tra il rispetto della privacy a cui la famiglia di Michael Schumacher tiene moltissimo e l’esigenza di rassicurare gli affezionati fan del leggendario campione della F1, Jean Todt ha rivelato qualche ghiotto aggiornamento. “Per me è un privilegio essere vicino, in famiglia con Michael, con Corinna, con Mick e Gina – ha spiegato -. La loro vita è cambiata il 29 dicembre 2013. Devono vivere tutto diversamente. L’importante e che ci sia la vicinanza degli amici. E di Keep Fighting, la loro fondazione. Sono cose che fanno parte della vita è che sono più importanti dei risultati e delle nostre amate corse. La vita, per tutti, non è solo corse”.
E a chi gli domanda se Max Verstappen assomigli a Michael Schumacher, Jean Todt risponde: “Mah, Michael lo conosco molto bene, Max no. Max come Michael è molto determinato, molto aggressivo. Michael fuori dalla pista è una persona meravigliosa. Di Max non so, non posso dirlo. Ora lo vedo tutto concentrato sulle corse, giustamente. Poi, ovvio, tutti e due hanno avuto a disposizione grandi macchine. Perché per vincere ogni pilota, per quanto eccezionale, ha bisogno di una macchina competitiva”.
“La Ferrari – ha aggiunto Todt – a un certo punto ha avuto la migliore auto del campionato. Poi ha perso certe opportunità, penso alla strategia, a una Safety Car entrata al momento sbagliato, a problemi di affidabilità. Diversi episodi che hanno avuto in costo. Su questo c’è da riflettere per evitare che si ripetano. Mai lasciare nulla di scontato. E se riesci a non lasciare nulla di scontato, allora ci saranno tutti gli ingredienti per essere campioni”.
E ancora: “Nell’epoca di Schumacher non c’era un pilota numero uno o due: lui e Irvine, lui e Barrichello, lui e Massa son sempre partiti alla pari, con lo stesso trattamento. Poi dopo quattro cinque gare parlavano i risultati”. Quanto ai rimpianti, “ne ho cinque: i cinque campionati che avremmo dovuto vincere in Ferrari e non abbiamo vinto. E poi abbiamo fatto errori, ma è umano: chi non fa errori?”.