Maurizio Minghella, chi è il serial killer condannato a 200 anni di carcere

“Il Predatore”, stasera sul canale, racconta la storia del serial killer Maurizio Minghella. Ecco tutto quel che c’è da sapere su di lui.  

Oggi, sabato 22 gennaio 2022, la prima serata di Nove propone “Maurizio Minghella – Il Predatore”, in onda alle 21.30. Il documentario, diretto da Alessandro Galluzzi e scritto da Marina Loi e Flavia Triggiani, racconta come il pool investigativo composto da magistrati e polizia scientifica, grazie l’apporto delle nuove tecnologie e ripetute analisi della scena del crimine, sia riuscito nell’ardua impresa di catturare il killer Maurizio Minghella.

maurizio minghella

L’identikit di Maurizio Minghella

Maurizio Minghella è nato a Genova nel 1958 e non ha certamente avuto un’infanzia felice. A 6 anni sua madre si separò dal marito e iniziò a occuparsi da sola della crescita di ben 5 figli. Come se non bastasse, il suo nuovo compagno, col quale sperava di trovare serenità e l’equilibrio familiare perduto , iniziò a picchiare e maltrattare quasi giornalmente tutta la famiglia.

Leggi anche –> Max Allegri sconvolto, trovata morta la sua ex: mistero sul decesso

Quella situazione spinse Minghella a covare un odio profondo e viscerale e a sognare di uccidere quell’uomo, come lui stesso ha raccontato in uno dei primi interrogatori con le forze dell’ordine. Il suo temperamento manesco e un carattere troppo ribelle gli causarono parecchi problemi anche a scuola: a 12 anni frequentava ancora la prima elementare e fu più volte segnalato alla preside per i suoi soprusi ai danni dei compagni. A un certo unto abbandonò definitivamente lo studio e iniziò a lavorare come piastrellista.

Leggi anche –> Denise Pipitone, mamma Piera rompe il silenzio: situazione fuori controllo

Proprio in quel periodo Minghella si avvicinò al mondo del crimine, cominciando con una serie di furti di moto, scooter e utilitarie. Dopo la morte del fratello in un incidente sviluppò una morbosa attrazione per i morti, soprattutto giovani. Fu riformato dal servizio militare per disturbi psichici e nel 1977 sposò per scommessa la 15enne Rosa Manfredi. Ma il matrimonio durò poco: Minghella era un assiduo frequentatore di prostitute e la poveretta morì per overdose di psicofarmaci dopo un aborto spontaneo.

Il successivo assassinio della prostituta eroinomane Anna Pagano, morta a 20 anni il 18 aprile 1978, segna l’inizio dell’agghiacciante serie di delitti di cui si è macchiato Minghella. Il corpo di quella vittima, ritrovato da alcuni pastori a Trensasco (Genova), era completamente sfigurato: la testa fracassata e ovunque i segni delle sevizie. Ma non è tutto. Per depistare le indagini, Minghella aveva scritto sul corpo “Brigate Rose” anziché “Brigate Rosse”, e fu proprio quell’errore a consentire alla Polizia di accorgersi dell’inganno.

A distanza di qualche mese seguirono gli omicidi di Giuseppina Jerardi e della 14enne Maria Catena Alba, poi quelli della 21enne Maria Strambelli e dell’amica 19enne Wanda Scerra. Tutte uccise con brutale efferatezza.

Arrestato nella notte tra il 5 e il 6 dicembre del 1978, Minghella confessò l’uccisione di Strambelli e Scerra ma negò il coinvolgimento negli altri omicidi, pii invece confermato dagli inquirenti. Nell’aprile 1981 il serial killer venne condannato dalla Corte d’Assise di Genova all’ergastolo per i 5 omicidi. Nei suoi anni di reclusione nel carcere di massima sicurezza di Porto Azzurro continuò a proclamarsi innocente e nel 1995, a 37 anni, ottenne la semilibertà. Fu quindi traferito al carcere delle Vallette di Torino, e di lì entrò nella comunità di recupero di Don Ciotti (Gruppo Abele), dove si dedicò a lavori di falegnameria.

Ma la sua furia omicida riprese presto il sopravvento, sempre contro delle prostitute. Tra 1997 e 2001 Minghella uccise la 53enne Loredana Maccario, la 27enne Fatima H’Didou, la 29enne albanese Floreta Islami, la 67enne Cosima Guido e la 20enne Florentina Tina Motoc. Quello fu il suo ultimo delitto.

Condotto nel carcere delle Vallette, nella primavera del 2001 l’uomo tentò di evadere dalla lavanderia, ma non ci riuscì. Nel 2003 fu trasferito nel penitenziario di Biella e provò nuovamente a scappare, fallendo ancora. Imputato per l’omicidio di 10 prostitute, il 4 aprile del 2003 la Corte di Assise di Torino lo condannò all’ergastolo per quello di Motoc e a 30 anni per quelli di Guido e H’Didou. Al momento sta scontano la pena nel carcere di Pavia.

Gestione cookie