Massimo Giletti è stato minacciato dalla mafia e vive da un anno sotto scorta, ma non si arrende e continua ad indagare in Sicilia.
Il successo di Non è l’Arena ha dato a Massimo Giletti la possibilità di prendersi una rivincita su chi non credeva in lui e nel suo format. Il buon andamento della trasmissione gli ha anche dato il coraggio di lavorare più approfonditamente e la libertà di indagare su tematiche importanti. Una delle sue battaglie quotidiane è quella contro la mafia, lotta che lo ha fatto prendere di mira dall’associazione a delinquere. Più di un anno fa ormai, Giletti ha ricevuto delle minacce di morte dalla mafia e vive sotto scorta.
Le minacce non l’hanno intimorito o spinto a desistere dal perseguire la verità. Di recente il conduttore è sceso in Sicilia per girare un reportage ed intervistare l’ex uomo di fiducia del boss Graviano, la figlia di un boss ucciso per aver collaborato con la giustizia, il Capitano Ultimo ed il giudice De Mattei. Il reportage verrà mandato in onda il prossimo 10 giugno con il titolo ‘Abbattiamoli‘. Un lavoro, quello d’inchiesta svolto da Giletti, che fa onore al conduttore, ma che lo ha portato anche a provare una forte delusione.
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Massimo Giletti: “Sono solo, quindi sono diventato vulnerabile”
Intervistato da ‘Tv, Sorrisi e Canzoni‘, il giornalista ha spiegato che la sua indagine parte dagli omicidi di Falcone e Borsellino e ripercorre gli anni successivi, poiché ancora oggi ci sono tante forse troppe cose che non hanno una spiegazione. Quando gli viene chiesto se nell’ambiente ha ricevuto attestati di stima e di sostegno, però, Giletti spiega amaramente: “La verità? Molto poca. Ho avuto tanto silenzio. Ho comunque sempre pensato che anche il dolore e le delusioni fanno parte della ricchezza della vita. E’ chiaro che fa male. Non sono arrivati nemmeno messaggi pro forma che si fanno tanto per cortesia. E ci si sente soli”.
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Il conduttore di Non è L’Arena, spiega poi come proprio questo atteggiamento di disinteresse sulla questione è collegato a doppio filo alle minacce che gli sono pervenute: “Chi fa delle battaglie mette sempre in conto di pagare un costo. Non mi sarei aspettato però la solitudine. Se fossimo stati in tanti tra i giornalisti della tv a portare avanti questa battaglia, non sarei stato l’unico loro obiettivo. E sarebbe stato impossibile fermarci tutti. Invece così sono diventato vulnerabile”.