Martina Vanessa Patti ha dichiarato di non ricordare il momento in cui ha ucciso la figlia: ma per quale ragione ha compiuto un simile gesto?
Quando martedì mattina è emersa la notizia della confessione di Martina Vanessa Patti, l’Italia intera è rimasta basita nel sentire che era stata la madre a togliere la vita alla piccola Elena. La storia del rapimento da parte di tre uomini incappucciati, raccontata dalla donna ai Carabinieri e riportata dalla stampa il giorno prima, non aveva convinto del tutto gli inquirenti ma nessuno si attendeva che la giovane madre avesse inventato tutto per nascondere ciò che aveva fatto.
Dal racconto della donna scopriamo anche ciò che è successo prima dell’accaduto. La bambina aveva passato la sera precedente dai nonni paterni, insieme al padre e alla sua nuova compagna. La mattina dopo era stata accompagnata dal padre all’asilo e Martina Patti era andata a prenderla per portarla a casa ad ora di pranzo. Mamma e figlia sono rimaste qualche ora in casa, il tempo di mangiare e prepararsi per la festa di compleanno di un amico della donna.
L’ipotesi che è emersa in questo momento è che Martina Patti stesse vivendo un momento di forte depressione e che possa essere stata colta da un raptus omicida. Questo spiegherebbe perché la donna non ricorda alcuni dettagli di ciò che è successo e perché ha rimosso totalmente il momento dell’omicidio. Probabilmente la donna ha compiuto qualcosa che pensava di non essere in grado di fare e adesso lo ha rimosso come meccanismo di difesa.
Secondo gli inquirenti il movente è legato alla nuova relazione del padre della bambina. Il loro rapporto era finito già da diverso tempo e subito dopo la rottura Martina aveva iniziato una storia con un’altra persona. Tuttavia pare che il legame con il padre della piccola, Alessandro Del Pozzo, non si fosse mai concluso del tutto e s’ipotizza quindi che l’arrivo di un’altra donna nella sua vita potrebbe avere sconvolto Martina. In particolar modo l’idea che la figlia potesse essere felice con la matrigna potrebbe essere stato per lei insopportabile.
L’accusa formulata, dunque, è quella di omicidio volontario premeditato. Tuttavia sulla premeditazione non tutti sono d’accordo e la difesa di Martina Patti richiederà una perizia psichiatrica per dimostrare l’instabilità mentale dell’assistita. Ipotesi, quella del disturbo della personalità borderline, che potrebbe combaciare sia con l’azione compiuta che con i comportamenti precedenti all’accaduto, descritti in particolar modo dall’ex cognata.
In un’intervista concessa al Corriere della Sera, il direttore emerito del Dipartimento di Neuroscienze all’Asst Fatebenefratelli-Sacco di Milano, Claudio Mencacci, ha spiegato che la donna potrebbe essere stata spinta da ciò che viene comunemente definito “Complesso di Medea“, dunque che abbia ucciso la figlia perché a livello inconscio voleva che soffrisse l’ex compagno: “Parlerei piuttosto di intenzionalità non premeditata. Ora si dovrà capire se la donna abbia un disturbo di personalità borderline. Ma possiamo presumere che ci fosse una sorta di abitudine al maltrattamento nei confronti della figlia, unita a forte tensione emotiva”.
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