La morte di Liliana Resinovich continua ad essere un mistero: il possibile ritrovamento di tracce di DNA potrebbe portare ad una svolta.
Sono passati ormai quasi tre mesi dalla scomparsa di Liliana Resinovich e due dal giorno in cui il suo cadavere è stato ritrovato. Ad oggi, tuttavia, le indagini sono ancora alla fase iniziale. Il dubbio che rimane sin dal giorno del ritrovamento del cadavere è quello tra omicidio e suicidio. L’unico modo per sciogliere definitivamente il dubbio sono i risultati degli esami tossicologici e delle altre risultanze scientifiche che però tardano ad arrivare.
I dubbi sul fatto che la donna possa aver deciso di togliersi la vita sono legati sopratutto alla modalità con la quale Liliana lo avrebbe fatto. Si tratta infatti di un modo insolito, ma pare che vi siano stati casi simili in passato ed al momento non è possibile escluderlo. Chi non ha mai avuto dubbi a riguardo sono Claudio Sterpin, amico che con il tempo si è rivelato essere l’amante della donna, e il fratello. Secondo loro Liliana non si sarebbe mai tolta la vita e pensano dunque che sia stata uccisa.
Utile a capire se l’ex insegnante possa aver deciso di togliersi la vita sarà l’esame della cronologia dei tablet che aveva a disposizione. Qualora abbia deciso di compiere il gesto estremo in questa forma insolita, infatti, avrà sicuramente cercato sul web come fare in modo che risultasse letale. L’unico problema in tal senso potrebbe essere il ritardo nel sequestro dei dispositivi, avvenuto ben 45 giorni dopo la scomparsa.
Liliana Resinovich, trovate tracce di DNA?
Considerando per ipotesi, anche la possibilità che si sia trattato di omicidio, bisogna innanzitutto chiarire che per il momento l’indagine è aperta come sequestro di persona a carico di ignoti. Questo significa che per il momento non c’è alcun sospettato e dunque che non ci sono prove concrete per dubitare che qualcuno delle persone coinvolte nella vita della donna sia responsabile della sua morte.
Ieri mattina è trapelata la notizia secondo cui gli investigatori avrebbero trovato tracce di DNA maschile sul cordino che avvolgeva la donna all’interno dei due sacchi neri. Qualora l’indiscrezione dovesse rivelarsi corretta, tramite la traccia di DNA si potrebbe risalire all’identità della persona e dunque al presunto omicida. Sulla questione il procuratore di Trieste ha preferito non rilasciare commenti: “Sono fiducioso, abbiamo scelto la via del silenzio”. Probabilmente non vuole sbilanciarsi prima che vi siano delle risultanze concrete per non dare false speranze e per non mettere in allarme l’eventuale colpevole.