La società proprietaria dell’elicottero sul quale persero la vita Kobe Bryant, sua figlia Gianna e altre sette persone (compreso il pilota) respinge la richiesta di risarcimento avanzata dalla vedova del leggendario campione NBA (Vanessa Laine Bryant), accusando di negligenza tutti i passeggeri morti nel tragico incidente
“Kobe Bryant e Gianna Bryant avevano un’effettiva conoscenza delle circostanze, dei pericoli particolari e dell’entità dei rischi a cui stavano andando in contro, il che comporta l’assunzione volontaria della responsabilità in caso di incidente o lesione; ciò esclude o comunque riduce la validità del rimborso danni presentato“.
Sono queste le motivazioni che hanno spinto il rappresentante legale della Island Express – compagnia proprietaria dell’elicottero sul quale, il 26 gennaio 2020, persero la vita il famoso cestita statunitense Kobe Bryant, sua figlia Gianna e altre sette persone (incluso il pilota) a causa di un tragico incidente dovuto alla scarsa visibilità – a respingere la richiesta di risarcimento avanzata da Vanessa Laine Bryant, vedova del leggendario campione NBA.
Com’è possibile leggere nel documento diffuso dalla redazione di TMZ, la società di aeromobili ha accusato tutti i passeggeri deceduti nell’orribile schianto di negligenza, in quanto ben consapevoli degli enormi rischi che ogni volo in elicottero comporta. Insomma, in base al ragionamento (abbastanza contorto) messo in campo da Island Express, chiunque decida di salire su questi tipi di mezzi di trasporto lo fa sempre mettendo in gioco la propria vita.
Ma non è tutto! Come se quanto detto non bastasse, infatti, nella suddetta nota l’azienda si addentra persino in discorsi metafisici, definendo la nebbia che ha portato alla disgrazia un “Atto di Dio“. Più che condivisibile la critica provocatoria mossa da TMZ: “Bene, la nebbia accecante può anche essere un Atto di Dio, ma volarci dentro a 180 mph (circa 289 km/h) sicuramente non lo è”.