Il caso Collini è un film che parla di un efferato omicidio le cui cause sono avvolte nel mistero: qual è la storia vera che lo ha ispirato.
Nel 2019 il regista tedesco Marco Kreuzpaintner ha fatto uscire al cinema il suo film ‘Il caso Collini’. Come suggerisce il titolo dell’opera, si tratta di una storia che riguarda un italiano. La storia è ambientata negli anni immediatamente successivi alla fine della Seconda guerra mondiale ed il protagonista si è reso colpevole del brutale omicidio di un industriale. L’imprenditore ucciso era conosciuto come una persona buona e sensibile, ma questa sua nomea stride con l’efferatezza dell’omicidio: Collini – operaio genovese – gli ha sparato quattro colpi di pistola in testa, quindi ha calpestato il cranio fino a spaccarlo.
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La decisione di trattare dei primi casi della sua carriera non è casuale, visto che von Schirach ha cominciato a lavorare negli anni immediatamente successivi alla fine del secondo conflitto mondiale. In particolare Il caso Collini vuole approfondire le conseguenze del nazifascismo per la generazione di tedeschi che è nata durante o poco dopo l’olocausto e gli eventi tragici di quell’epoca. Tutta le generazioni successive a quegli eventi, infatti, hanno dovuto convivere con il “vergangenheitsbewältigung”, ovvero il senso di colpa per le azioni criminose dei padri o dei nonni.
Un senso di colpa che von Schirach ha vissuto in prima persona, visto che il nonno è stato a capo della Gioventù Hitleriana e che al processo di Norimberga è stato condannato a 20 anni di carcere per crimini contro l’umanità. L’infamia derivante da quella condanna ha gravato su tutta la sua esistenza e in età adulta Ferdinand ha cercato di rappresentarla in modo da fare capire il peso che lui e la sua generazione hanno dovuto portare.
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Il caso Collini affronta proprio questa tematica: le conseguenze dell’epoca nazista su chi quell’epoca non l’ha nemmeno vissuta. Ad ispirare il racconto è stato un evento drammatico occorso a due ragazzi di Montecatini: Bruno Baronti e Foscarino Spinelli. I due ragazzi sono stati catturati dai nazisti, seviziati e torturati dal tenente Wickman e uccisi in pubblica piazza il 24 luglio 1944. Non è chiaro se i due fossero partigiani, volessero scappare ai rastrellamenti o semplicemente volessero scappare dall’occupazione e raggiungere i parenti.
Un simile crimine di guerra ha delle conseguenze che vanno oltre la morte dei due giovani e che potrebbero generare nei parenti la voglia di vendicare quella morte. Il caso Collini racconta proprio quel desiderio di vendetta, come l’esecuzione materiale di quella vendetta non porti altro che ulteriore sofferenza e come cercare giustizia restituendo un torto subito non faccia altro che alimentare il ciclo di violenza ingiustificata.
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