Il marito di Giuliana Tosco, commercialista morta suicida, ha esternato tutto il proprio dolore per il dramma che sta vivendo.
Un dramma quello di Giuliana Tosco che non era presagibile, che nessuno di quelli che la conoscevano e l’amavano avevano intuito a pieno. In linea puramente teorica la sua vita stava andando bene: si era sposata l’anno scorso e stava per coronare il sogno di diventare madre. Da anni, inoltre, era un’apprezzatissima commercialista per lo studio Rubatto- De Magistris ed aveva un ottimo portafoglio di clienti da gestire. Insomma anche gli anni di studio e di lavoro avevano portato ai frutti sperati.
Tuttavia ad inizio anno qualcosa è cambiato. Giuliana ha preso il covid ed al ritorno in studio ha fatto capire che la malattia le aveva lasciato un segno invisibile e indelebile: “Il Covid mi ha lasciato qualcosa. Non ne sono ancora uscita. Mi ha cambiato”. A quella sgradevole sensazione si è aggiunta nei giorni successivi l’ansia di dovere lasciare il prorprio lavoro in mano ai colleghi. Giuliana era una professionista certosina, ma era ormai giunta al nono mese di gravidanza e non poteva più occuparsi del lavoro.
Così negli ultimi giorni ha continuato a lavorare, dando istruzioni telefoniche ai colleghi sui clienti che gli stava dando in prestito. Era preoccupata dal dover lasciare il proprio lavoro in mano ad altre persone, desiderava continuare ad occuparsi della famiglia (che presto si sarebbe allargata) e al contempo del lavoro con pari dedizione e impegno. Un’ansia ed uno stresse che l’hanno schiacciata ed hanno acuito quella sensazione di incertezza e paura che le aveva lasciato la malattia.
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Morte Giuliana Tosco, lo strazio del marito: “Il lavoro l’ha distrutta”
Difficile capire cosa amici, familiari e colleghi avrebbero potuto fare in più per salvarla da un gesto estremo che ha condannato anche la vita che portava in grembo. La suocera, residente nella porta accanto, ha fatto capire che Giuliana aveva tutto l’aiuto ed il supporto che le servivano per gestire la famiglia e il lavoro. I colleghi ed i datori di lavoro hanno fatto il possibile per toglierle il carico di lavoro e le preoccupazioni, così che potesse dedicare il tempo necessario al nascituro. Marco Rubatto, uno dei titolari dello studio ha dichiarato: “Era una professionista seria. Siamo tutti sconvolti. Il giorno prima era venuta in studio. Avevamo parlato di come organizzare il lavoro, così che avesse il tempo di dedicarsi al bambino e alla famiglia”.
Il marito, Federico, che la conosceva bene, sa che la maggior parte delle preoccupazioni della moglie erano legate al lavoro. Nel breve commento rilasciato, infatti, ha detto: “Mia moglie amava tantissimo il suo lavoro. Lo faceva con passione, ma l’ha distrutta”. Negli ultimi giorni era esausta, ma continuava a lavorare. Il giorno in cui si è suicidata ha lasciato il telefono aperto, stava ancora parlando con il collega per le ultime indicazioni, e dopo aver aperto la finestra si è gettata terminando la propria vita e quella del bimbo che aveva in grembo.
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Questa drammatica vicenda impone a chi le stava vicino di esaminare la vita ed il rapporto che avevano con lei per cercare di capire in che modo potevano prevedere un simile esito. Ma eventi come questi accendono l’attenzione su una problematica mai troppo attenzionata e dibattuta: gli effetti dello stress lavorativo per chi deve gestire una famiglia. In quale modo si può aiutare una famiglia e una madre a gestire i nascituri senza doversi preoccupare del lavoro e del futuro professionale?