Il fuoco sta divorando rapidamente il polmone della Terra e la colpa non è del clima. Nell’ultimo periodo, infatti, Il National Institute for Space Research brasiliano ha registrato un allarmante incremento degli incendi nella foresta amazzonica, la maggior parte dei quali riconducibili ad azioni dolose spesso incoraggiate dal governo
Ammontano a oltre settantaquattromila i roghi divampati nel corso del 2019 tra i confini della foresta amazzonica, ovvero a circa l’83% in più rispetto a quanto segnalato nel 2018. Un record di cui non si può certamente andare fieri, un dato a dir poco preoccupante che il National Institute for Space Research (INPE) del Brasile ha diffuso proprio recentemente.
Giusto per rendersi conto della gravità della situazione, basti pensare che soltanto negli ultimi sei giorni il polmone della Terra ha visto susseguirsi quasi diecimila incendi boschivi, con conseguente annientamento di flora e fauna circostanti. Come se non bastasse, inoltre, dalle fiamme si è generata una densa nube di fumo nero che si è spinta fino a San Paolo, provocando il blackout dell’intera città.
A rendere ancor più inquietante il tutto si aggiunge poi il fatto che moltissimi dei suddetti roghi non sono dovuti al riscaldamento globale, o, in generale, al clima rovente, bensì ad atti vandalici o comunque di origine dolosa.
Le incondivisibili motivazioni che guidano simili meschinità possono essere ricercate nelle nuove direttive fornite dal governo brasiliano: anziché intervenire a tutela della foresta amazzonica, infatti, il presidente Bolsonaro ha preferito favorire in via esclusiva lo sviluppo economico del Paese, incitando i lavoratori ad abbattere i boschi per lo sfruttamento produttivo dei terreni.
In questo modo si annullano di fatto gli enormi sforzi compiuti dalle amministrazioni precedenti, che negli ultimi dieci anni erano riuscite a ridurre le deforestazioni grazie a controlli mirati e sanzioni. La vita delle oltre tre milioni di specie animali e vegetali, nonché dei tantissimi indigeni, che popolano la foresta pluviale più grande del pianeta è stata compromessa irreversibilmente.