C’è una persona sempre rimasta nell’ombra che ha avuto un ruolo in almeno sei casi di cronaca nera della Roma degli anni ’80, a partire dalla drammatica scomparsa di Emanuela Orlandi: ecco la verità emersa soltanto ora.
E’ un mistero avvolto in tanti altri misteri quello del fotografo 66enne Marco Fassoni Accetti. L’uomo che il 27 marzo 2013 si autoaccusò dei sequestri di Mirella Gregori ed Emanuela Orlandi, datati 7 maggio e 22 giugno 1983, è più o meno direttamente coinvolto in 6 casi, tra rapimenti e omicidi di giovanissimi, nella cornice di una lotta intestina in Vaticano: da un lato chi si stringeva attorno a Papa Wojtyla e caldeggiava una politica intransigente contro l’Urss, dall’altro chi, con il blocco comunista, spingeva per una linea meno rigida…
Il giallo nel giallo di Emanuela Orlandi
Su Marco Accetti il pm della Procura di Roma Erminio Amelio indaga per la vicenda Katy Skerl. Quasi dieci anni fa, come accennato, si era autodenunciato presentandosi alla Procura di Roma, sostenendo di aver partecipato ai sequestri di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori. L’uomo aveva consegnato un flauto che la famiglia aveva riconosciuto come quello di Emanuela, riscontrando anche la presenza di un angolo lesionato nella custodia, ma nelle successive analisi eseguite sullo strumento non erano state trovate tracce sufficienti di saliva ai fini dell’analisi del Dna.
La voce del supertestimone – non creduto dalla Procura e prosciolto nel 2015, con la richiesta di archiviazione fortemente voluta dall’allora procuratore Giuseppe Pignatone – presenta forti analogie, se non piena corrispondenza, con quella di uno dei telefonisti che nel 1983 contattarono la famiglia di Emanuela Orlandi e lasciarono una serie di messaggi in audiocassette. A raccontare ai pm, nel 2013, che Accetti era ossessionato da Emanuela Orlandi, nei giorni in cui la giovane scomparve nel nulla, furono i i suoi stessi parenti: “Era incline a inventarsi storie”.
Accetti (che avrebbe usato un’automobile di colore verde per il sequestro) ha raccontato di essere stato ingaggiato nell’azione Orlandi-Gregori da un gruppo di tonache al fine di tenere le ragazze fuori casa per alcuni giorni, in modo da favorire un ricatto contro papa Wojtyla. L’obiettivo sarebbe stato proprio quello di contrastare la politica fortemente anticomunista del papa polacco. Purtroppo però le cose non sarebbero andate come previsto: per una serie di complicazioni, compreso l’enorme clamore mediatico suscitato dalla vicenda, nessuna di quelle due povere ragazze è mai tornata a casa. Per il 66enne adesso c’è una sola via: raccontare una volta per tutte la verità, senza ombre e sotterfugi. Ma le premesse non sembrano delle migliori: nei giorni scorsi ha dichiarato che ai pm non vuole dire più nulla.