“L’invisibile”, “Diabolik”, “lo zio”: Matteo Messina Denaro si è aggiudicato tanti soprannomi: “superlatitante” è uno di questi.
Detto anche “‘u siccu” (ovvero “il magro” per via della sua costituzione), Messina Denaro non è mai stato un uomo da sottovalutare: determinato e pericoloso, è uno dei latitanti più ricercati al mondo. Rappresentante della mafia in provincia di Trapani, l’uomo risulta come uno dei boss più potenti di tutta Cosa nostra. Mentre alcune fonti lo vedono ancora attivamente coinvolto con l’organizzazione criminale, altri credono che oggi Messina Denaro preferisca occuparsi della sua latitanza.
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Nato a Castelvetrano il 26 aprile 1962, inizialmente Matteo Messina Denaro lavorava come fattore presso alcune tenute agricole. Il 1989 è l’anno in cui l’uomo viene per la prima volta accusato per associazione mafiosa. Nel 1991, poi, Messina Denaro viene a sapere dalla sua amante che Nicola Consales (proprietario dell’albergo dove lei lavora) si lamenta spesso di “quei mafiosetti sempre tra i piedi”. L’uomo verrà quindi ucciso.
Nel 1992 venne inserito Messina Denaro in un “gruppo di fuoco” (insieme ai mafiosi di Brancaccio e della provincia di Trapani). Il gruppo venne inviato a uccidere Giovanni Falcone e Claudio Martelli: in quel caso Messina Denaro procurò ai colleghi kalashnikov, fucili e revolver. Prima che gli omicidi potessero essere messi in atto, però, il boss Salvatore Riina richiamò il gruppo di fuoco in Sicilia.
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Uno degli aspetti più misteriosi della storia di Matteo Messina Denaro è sicuramente la sua latitanza. Nel 1993, l’uomo venne visto per l’ultima volta in vacanza a Forte dei Marmi: da allora scomparve. Nello stesso anno, latitante ma ancora attivo, Messina Denaro organizzò il sequestro di Giuseppe Di Matteo (di 13 anni) come ritorsione nei confronti del padre Santino, collaboratore di giustizia ed ex-mafioso. Dopo 779 giorni di prigionia, il bambino venne strangolato (ed il cadavere buttato nell’acido).
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Nonostante nel corso degli anni la polizia sia riuscita ad arrestare numerosi dei suoi associati, Matteo Messina Denaro rimane nell’ombra. Nel 1995 l’uomo ha avuto una figlia: in una lettera ad un amico, il boss mafioso ha confessato che per via della latitanza non l’ha mai conosciuta.
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