Un certo stereotipo ancora dominante vuole che la calciatrice sia una donna un po’ rude e sgraziata. Ecco la smentita in carne e ossa…
Classe 1990, Capricorno, centrocampista in forza al Venezia Calcio (Serie C – Girone B, numero di maglia 90). Ecco l’identikit sportivo di Agata Isabella Centasso, tra le più promettenti star del calcio femminile nazionale. Ma nel suo caso oltre la maglia c’è (molto) di più.
Alla scoperta Agata Centasso, calciatrice “maggiorata”
Chi l’ha detto che una calciatrice non possa essere anche una donna aggraziata e sensuale con un tocco fashion? Agata Centasso è la prova vivente che l’una possibilità non esclude l’altra. E ai tempi dei social c’è il suo profilo Instagram a confermarlo. “Quando ancora sorridevo prima di spendere tutti i miei soldi a Porto Cervo 🥲😂”, si legge in uno degli ultimi post pubblicati dall’atleta sulla sua pagina, costellata di foto e video che mostrano non solo le sue prodezze in campo, ma anche tutta l’avvenenza di cui è capace con un fisico che sembra fare una pernacchia a certe modelle pelle e ossa…
Fuori dal campo, invece, Agata è un’operatrice socio-sanitaria che lavora in una comunità alloggio per disabili intellettivi, a Venezia, e una ragazza che ama il cinema, la lettura e lo shopping. In lei convivono doti e virtù apparentemente contrapposte. Il primo a capirlo fu suo papà Luciano. “Mi soprannominò Isabelva per grinta e leggerezza”, ha raccontato la calciatrice in un’intervista concessa tempo fa alla Gazzetta dello Sport. “Ero una bambina, quel nomignolo ancora mi accompagna”. Anche se “da piccola ero proiettata sul basket. Qualche anno fa il calcio non era così comune per le donne, anche se a scuola giocavo senza problemi insieme ai ragazzi. Dopo qualche anno di stop dallo sport di squadra, decisi di ricominciare intorno ai vent’anni, vivere un gruppo è la cosa più bella”.
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Ma l’incontro col calcio era scritto nel destino. “Mi informai per capire quali fossero le realtà della mia zona e andai a vedere una partita del Venezia Lido. Lo trovai interessante e un paio di giorni dopo iniziai gli allenamenti. Nelle prime due stagioni giocai poco, poi la squadra fece un doppio salto di categoria e arrivò un nuovo allenatore, Mauro Minio. ‘Sarai il motore del mio centrocampo’ mi disse in ritiro. E da lì a poco, con l’esordio in A2, imparai il vero senso del gioco del calcio”. Ovvero “cercare il miglioramento continuo. Ero tanta corsa e aggressività, con il tempo sono cresciuta anche a livello tecnico. Qualcuno mi ha paragonata a Gattuso, qualcun altro a Kessie. Sono campioni di un’altra dimensione e fa sorridere, ma potrebbe rendere l’idea. Credo che la bravura di un giocatore stia nel riconoscere i limiti e gestirli, valorizzando i propri punti di forza. Io vado di ‘garra’, poi cerco la semplicità”.
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E a chi continua a sostenere che il calcio sia uno sport “da maschi”, Agata Centasso risponde: “Purtroppo è un pregiudizio diffuso, per capire in pieno il calcio femminile si dovrebbe vivere un’esperienza diretta in questo mondo. Anche io ne rimasi stupita. Di colpo diventai parte di un gruppo forte e preparato a livello tecnico e fisico, crescendo in tanti aspetti”. E ancora oggi “il brivido del campo è un’emozione insostituibile”.